lunedì 30 marzo 2015

L'offerta


I figli di Ugo stavano facendo il solito baccano.
Mai una volta che ubbidissero subito al papà.
Inutili i suoi richiami all'ordine, nonostante la sua espressione accigliata: i suoi due figli maschi se ne stavano amabilmente fregando.
Chiamatelo anelito di libertà o semplice "sindrome da bimbo pestifero", ma oggi toccava a lui sorvegliarli al parco giochi.
Una brutta settimana sul lavoro, bambini indisciplinati: tutto l'aveva stancato parecchio e in quel preciso istante era al limite dell'umana sopportazione; si sentiva in trappola, bloccato su un binario morto. Fu colto da una rabbia ed un'ansia inesplicabili simultaneamente.

"Salve!" udì salutare da dietro.

Ruotò la testa per vedere chi parlasse: un signore dall'aria distinta suo coetaneo si avvicinò.

"Posso sedermi anch'io?"
"E' una panchina pubblica..." Rispose Ugo titubante.
"Vede... La stavo osservando!" Riprese lo sconosciuto.
 "Vedo nel suo sguardo un uomo che vorrebbe un premio speciale per una vita integerrima: colga l'occasione! Se lo merita!"

"Lei chi è?" Chiese ovviamente Ugo.
"Suvvia, non mi sembra una domanda da fare adesso. Accetta il mio aiuto?"

"E come mi aiuterebbe?" rispose incuriosito.

"Vedo per lei in questo preciso momento una vita priva di felicità: non è dove vuole stare: si sente bloccato, senza prospettive, depresso. Si vede, lo sa?"

Lui sorrise e chiese sarcasticamente: "Ah, davvero?"

"Io le offro un'intera giornata di felicità per intervallare questa infelicità. Chieda quello che vuole: io lo esaudirò!"

Sempre sorridendo:"Ed in cambio, immagino, vorrebbe la mia anima, giusto?"

Stavolta a ridere fu lo sconosciuto: "Ma no, ma no! Lo faccio senza secondi fini! Glielo sto offrendo a gratis! Accetta?"

"Un giorno di felicità? Senza fregature?" borbottò.

"Senza fregature!" Gli rispose l'altro.

"E se non accettassi?"

"Nulla cambierebbe rispetto ad ora!" disse con una certa circospezione.

Ugo guardò i bambini. Guardò l'ora sul campanile della chiesa.

Sorrise e disse: "E'stato un piacere! Arrivederci! Anzi, Addio!"

Lo sconosciuto si alzò, ricambiò il sorriso e disse:

"Addio? Arrivederci semmai!" e se ne andò.

Ugo restò perplessamente assorto per alcuni istanti, poi fu ridestato dal suo torpore.

"Ciao! Chi era quel signore, tesoro?" Lo incalzò la moglie appena giunta sul posto.

"Uno che voleva offrirmi l'esatto contrario di quello che ho adesso!"

La moglie sorrise, l'abbracciò e gli disse:

"A volte parli strano, sai?" Poi si voltò verso i figli e con un perentorio urlo li richiamò all'ordine.

"Veramente: ma chi era?" Insistette lei.

"Sai che non l'ho ancora capito?" disse Ugo mentre i bimbi correvano ad abbracciarli.

venerdì 20 marzo 2015

Attivate le difese planetarie!



Da qualche parte nel mondo, ma presumibilmente negli Stati Uniti d'America

Il generale Mc Dermott studiò il file una volta di più sul suo pad. Sentì un brivido freddo attraversargli la schiena.
Osservò il telefono sulla sua scrivania per alcuni minuti; poi fece quello che mai si sarebbe aspettato di fare nella sua carriera: chiamò i suoi corrispettivi esteri in una conferenza globale.

"Buongiorno signori, spero abbiate attivato il traduttore!"

Tutti risposero a quella domanda affermativamente nella loro lingua, ma il colonnello li sentì rispondere in inglese.

"Credo abbiate oramai letto tutti il 'rapporto Fuentes' a quest'ora..." Chiese in tono rassegnato.

Prese la parola il generale Dagalev: "Non posso parlare per gli altri, ma io sicuramente sì!
Devo dire, Generale, che sono piuttosto deluso dalla qualità dei vostri servizi segreti: se qualcuno dei nostri scienziati fosse giunto ad una simile scoperta in Russia, ne saremmo venuti a conoscenza prima che questi decidesse di renderlo di pubblico dominio!
Sebbene fortunatamente l'abbia fatto ad una conferenza di soli addetti ai lavori avremmo saputo tenere sotto controllo la notizia!"

Non aveva sicuramente voglia di farsi dare lezioni dal capo del K.G.B. in quel momento, ma masticando amaro dovette ammettere a sé stesso che la faccenda era effettivamente sfuggita grossolanamente alla C.I.A. ed ora dovevano tutti pagarne le conseguenze.

Interruppe il filo dei suoi pensieri il comandante dell'intelligence cinese:
"Anche uno dei nostri ricercatori era pervenuto alle medesime conclusioni del Dottor Fuentes, all'incirca nello stesso periodo; solo che noi siamo stati in grado di celarne i risultati fino a ieri. Sarebbe più corretto chiamarlo 'Rapporto Li Chen'!"

"O 'Rapporto Mazavi'!" aggiunse il capo del Mossad.


"Ormai la frittata è fatta! Ora come intendiamo procedere?" Tagliò corto Mc Dermott.

"Li Chen" riprese il cinese "dopo aver scoperto il campo a infrafrequenza , per usare il termine del dottor Fuentes, più semplice a mio avviso da manipolare di radiazione intersecante il piano della realtà che si manifesta sulla frequenza di 0.005 Hz, ha elaborato una sistema risposta che in teoria ci proteggerebbe da questi attacchi.

Gli abbiamo imposto di chiamarlo scudo a sfasamento e non radiazione sfasata di un semiperiodo per ottenere l'annullamento della radiazione intersecante... vi risparmio il resto... Li Chen è geniale ma solo quando non deve lavorare di fantasia nello scegliere i nomi!"

"Più o meno la stessa idea l'ha avuta Mazavi." Riprese il capo del Mossad.
"C'è solo un problema: per come il fenomeno si manifesta servirebbe che lo scudo a sfasamento venisse attivato contemporaneamente in più punti da degli emettitori che, secondo Mazavi, dovrebbero essere alti 300 metri, posizionati in 24 punti precisi del globo ed alimentati da almeno 10 GigaWatt di elettricità l'uno: è chiaro che nessuna nazione può procedere da sola a questo punto!"

Il comandante cinese rispose: "Questa che vi ho inviato ora per messaggio criptato è la mappa dei 24 punti teorizzati da Li Chen. Presumo a questo punto che coincidano con quelli di Mazavi..."

"Chilometro più, chilometro meno... Miglia per lei, generale" rispose pungente l'israeliano all'indirizzo di Mc Dermott.


"Signori, le specifiche del sistema a mi sono chiare! Vado ad informare il presidente, e presumo voi farete altrettanto coi vostri referenti. Ci aggiorneremo domani alle ore 12.00 di Greenwich. Tutti d'accordo?"

"Non è un po'troppo tardi?" Chiese il comandante del K.G.B. "Con le premesse non ci sarebbe un minuto da perdere."

"Visto quello che implica la cosa... " rispose Mc Dermott "... se ci saremo coordinati per domani alle 12.00, generale lo considererò un grande successo!
Non so se crediate signori, ma il momento è grave: Dio sia con voi! Mc Dermott, chiudo!"


Detto questo fece un profondo respiro e si fece passare il presidente degli Stati Uniti D'America.

Alcune ore dopo. Bunker del Presidente degli Stati Uniti d'America

"Signore, ha letto il rapporto Fuentes?" chiese McDermott.
"Sì, ma per essere sicuro di aver capito, vorrei che lei me lo rispiegasse, Generale!"
"Certamente! Nella giornata di ieri il Dottor Fuentes..."
"Arrivi direttamente alle conclusioni..." tagliò corto il presidente.

"In sostanza esiste una radiazione chiamata campo di infrafrequenza che bombarda la terra ad intervalli apparentemente casuali. All'inizio gli scienziati hanno ipotizzato una stella pulsar di tipo sconosciuto, ma poi hanno scoperto che non era una manifestazione casuale ma si cela un'intelligenza dietro al fenomeno."

"Un'intelligenza?" chiese sorpreso.

"La teoria è che ci sia in atto un bombardamento alieno che destabilizzi le nostre cellule dall'interno: iniettano un ordine quiescente di autodistruzione fin a quando tutti gli esseri umani non ne saranno infettati. A quel punto potranno attivare il processo disgregativo mandando il segnale sulla stessa frequenza! Premeranno un semplice bottone, presidente!"

Il presidente si appoggiò allo schienale visibilmente turbato. Poi disse:
"Perché pensate questo?"

"Perché questa è la mappa di dove la radiazione si è manifestata nelle sole ultime 24 ore!"
E mostrò al presidente una mappa del mondo sulla quale ogni luogo ove si era presentata la radiazione era rappresentato da un piccolo puntino verde; ove gli esseri umani erano più numerosi, sulle metropoli, lì apparivano le concentrazioni maggiori di puntini.
"E Fuentes è riuscito nell'impresa di mappare il D.N.A. di un suo collaboratore prima e dopo un bombardamento: risultava lievemente modificato!"




Il presidente sospirò accigliato e poi chiese:
"E la soluzione sarebbe costruire dodici tralicci? Dal costo di 5 miliardi di dollari l'uno?"
"Lo faremmo tutti assieme! Nessun paese si tirerà indietro!"

Dopo una breve pausa il presidente disse:"Procedete!"


Tre mesi dopo. Portaerei americana U.S.S. America CV66 (quartier generale progetto Achille)

Tutti i generali entrarono nella sala comando.

"Generale Dagalev, immagino fosse ansioso di entrare in una sala comando di una portaerei americana!" Lo pungolò un raggiante Mc Dermott.

"Niente che io non abbia già visto dettagliatamente nei nostri dispacci, Generale Mc Dermott!" Rispose Dagalev divertito.

"Ma si sarebbe mai aspettato di entrarci?"
"No! Non senza sparare!" Si guardarono e i due scoppiarono a ridere.

L'operatore al radar interruppe la scena richiamando la loro attenzione:
"Signore, bombardamento infrafrequenza registrato! Qualcuno sulla nave è stato colpito!"

"Si calmi, marinaio, tra poco questa storia sarà solo un brutto ricordo!" Lo zittì Mc Dermott.
Poi si voltò verso il comandante cinese e gli lesse il dispaccio delle Nazioni Unite:

"Con la risoluzione dell'O.N.U. 4576-2017 il comandante della U.S.S. America viene autorizzato ad attivare il progetto scudo a sfasamento nome in codice Achille.
Attivate le difese planetarie!
Buona fortuna."

Si voltò dunque verso il colonnello cinese e gli disse: "Le cedo il comando! A lei l'onore!"

Si scambiarono un saluto militare.

Dopodiché il cinese, rivolto all'ufficiale di collegamento, pronunciò:
"Attivare sequenza di accensione sistema scudo a sfasamento"

Questi mise il dito su un pulsante e disse:
"Roger! Attivo in 5...4...3...2...1...Scudo attivato!"


In nessun luogo, in nessun tempo, non nel nostro universo.

"Non riusciamo più a scendere sulla terra!"
"Dunque qui è dove l'hanno fatto!"
"L'hanno attivato!"
"Peccato! Mi piacevano gli umani!"
"Esseri di grande potenziale!"
"Abbiamo lavorato bene!"
"Finché si è potuto!"
"Ma perché hai suggerito lo scudo?"
"Per dare loro una scelta! Non gliene abbiamo mai data una..."
"Ma loro non lo sapevano. Dovevamo comunicarglielo!"
"Sì! E'stato fatto anche questo! Abbiamo messo il dubbio in parecchi di loro, ma oramai l'idea autoctona di difesa ha preso il sopravvento!"
"Che ne è di loro?"
"Non riusciamo più a vederli!"
"Mettiti in un Zetareticuliano!"
"Cosa gli suggerisco?"
"Che l'acqua della terra può essere usata come carburante per nuovi motori FTL!"
"Uno scienziato. In missione. Che sia in zona giusta. Che sia nel tempo giusto. Che sia recettivo. ZXULFIX di AXTOL! Vado!"

Phobos, satellite di Marte alcuni mesi dopo l'attivazione dello scudo.

L'essere senza corpo, né spazio, né tempo si sincronizzò con l'ospite ZXUFLFIX di AXTOL scienziato zetareticuliano in missione sulla base di Phobos, satellite di Marte.

ZXUFLFIX  si rivolse al suo responsabile anziano e gli comunicò telepaticamente:
"Andare sulla Terra! Pervenuta idea per motore FTL! Usare acqua terrestre!"

"Idea buona! Procedere!" Gli rispose telepaticamente il fratello capoposto della base.

Poco dopo una navetta con a bordo un piccolo equipaggio scientifico solcò rapidamente la breve distanza fra Phobos e la Terra.

Per precauzione si occultarono in prossimità del pianeta azzurro: ultimamente i terrestri erano diventati fastidiosamente curiosi nei confronti dei loro spostamenti.
"ZXLULFIX! Attività impiantati terrestri non usuale! Zero attività elettromagnetica. Uomini no comunicazione reciproca!" gli comunicò il fratello tattico.

"Città più vicina?"
"Buenos Aires!"
"Sorvolare! Valutare!" chiese ZXULFIX al fratello pilota.

Sullo schermo della navicella apparve l'immagine della metropoli in rovina: gli uomini che si potevano scorgere si muovevano a branchi, atteggiandosi a scimmie: alcuni brandivano oggetti di uso comune a guisa di clava; più spesso uomini e donne combattevano con ferocia fra loro a mani nude per la conquista del poco cibo rimasto.

"Regressione civiltà! Perché?" Si chiese comunicandolo involontariamente ai suoi fratelli.

Poi notarono i piloni e cominciarono una scansione alla ricerca di un eventuale pericolo per l'equipaggio.

Ci misero relativamente poco a capire che la regressione degli umani e quei piloni fossero in relazione fra loro.
"Che fare?" Si chiesero gli zetareticuliani sulla nave.



Ancora in nessun luogo, in nessun tempo, non nel nostro universo.

"Basterebbe distruggere uno dei piloni!"
"Basterebbe distruggere uno dei piloni!"
"Che strazio vedere gli umani così!"
"Poveri umani, disgiunti da noi, le loro idee geniali, le loro ispirazioni, sono ricaduti in quella che è la natura del loro pianeta, in balia delle loro idee autoctone: difenditi, mangia, sopravvivi, riproduciti!"
"Pensavano di doversi difendere da noi e invece hanno bisogno di noi per difendersi da loro stessi!"
"Basterebbe distruggere uno dei piloni!"

"Basterebbe distruggere uno dei piloni!"
"Poveri terrestri!"
"Basterebbe distruggere uno dei piloni!"


Orbita Terrestre.

"Distruggere pilone più vicino!"  chiese mentalmente ZXULFIX.
"Troppo lontani!"  rispose l'equipaggio.
"Avviciniamoci!"

Ed avvicinandosi al pianeta entrarono sotto l'influenza dello scudo, la comunicazione con gli alieni atemporali cessò, mentre cominciarono ad insinuarsi nelle loro menti le idee autoctone terrestri.

"Siete in pericolo! Gli uomini sono un pericolo! Uccideteli tutti! UCCIDETELI TUTTI PRIMA CHE LORO UCCIDANO VOI!" sussurrò una voce nella sua testa.

"Caricate le armi!" disse ZXUFLFIX.


"UCCIDETELI TUTTI!!! TUTTI!!!" Urlava ora la voce nella sua testa.

"Abbattiamo il pilone ed andiamocene! Quanto odio venire sulla Terra, poi devo passare una  settimana nella doccia psichica per togliermi le loro idee di dosso!"

mercoledì 18 marzo 2015

U.S.S. Spirit of Lindbergh

La grande crisi all'inizio del 21° secolo aveva colpito sufficientemente duro tutti i paesi. I primi a tirarsene fuori furono gli Stati Uniti d'America, quelli che la crisi l'avevano generata.

Per lungo tempo la colonizzazione umana di Marte fu un progetto sull'orlo della cancellazione, finché il professor Leblanc, docente di macroeconomia a Parigi, sentenziò che l'unico modo per uscire dalla crisi globale fosse una serie di progetti enormi di respiro planetario e che questi che fossero finanziati in gran parte dagli Stati Uniti.

La manovra funzionò lentamente, ma serviva qualcosa in più. qualcosa di colossale e simbolico: fu così che la missione "Marte 1" diventò completamente americana.
A tutti i non americani che vi partecipavano fu offerta l'opzione di diventare cittadino americano per continuare a lavorarci e furono pochi di questi a rifiutare l'offerta.

Ora quindi la nave spaziale "U.S.S. Spirit of Lindbergh" era nell'orbita del pianeta rosso pronto a far discendere il primo modulo d'atterraggio sul pianeta, o forse sarebbe stato meglio dire ammartaggio.

Vernon Connoly, comandante di missione, salutò alla visiera il vice-comandante Marjia Kovalsky:
"Le affido la nave, vice-comandante!"

Marija rispose al gesto prima con tutta la mano, poi serrò il pugno lasciando solo indice e medio vicino alla tempia e sorrise.

Connoly le sorrise di rimando e disse:
 "Le vecchie abitudini sono dure a morire, eh?!?"


E chiuse il portello del modulo. Poi perentoriamente aggiunse:

"Partenza fra 30 minuti! Sgombrate la zona d'attracco!"
 E gli altri 3 membri del modulo cominciarono i controlli pre-lancio.

Trenta minuti e il tempo di discendere dall'orbita del pianeta il modulo toccò la superficie.

Connoly sapeva che il mondo lo stava guardando, anzi forse da ora doveva pensare  "i mondi".

La liturgia del momento era stata studiata a tavolino: nelle piazze di tutto il mondo la gente era accalcata attorno a maxi-schermi per seguire l'evento in diretta con loro.
La discesa era stata ad ogni modo pianificata durante la prima serata della costa orientale americana per ottenere il massimo share in patria.

"Aquila due è atterrata!" e nella sua testa poté solo immaginare il boato nelle piazze e nei salotti di chi aveva deciso di seguire l'evento nel privato della propria casa. E non si sbagliò.

Certo che piazze come Times Square a New York o il Millenium Park di Chicago erano più popolate al momento delle piazze europee o asiatiche, dove il rimbombo della folla era meno forte e la partecipazione patriottica all'evento era meno sentita, ma l'applauso di sollievo ci fu effettivamente ovunque.

Nonostante i nuovi comunicatori ad entaglemement quantistico trasmettessero i dati istantaneamente alla terra la diretta era comunque ritardata dei canonici 5 secondi, in caso...


Connoly rivolto agli altri chiese: "Pronti all'apertura?"
"Lynch, affermativo!"
"Lesterson, affermativo!"
"Pedrelli, affermativo!"
Risposero gli altri astronauti.
"Aprtura!" Sentenziò Connolly.

La scaletta toccò il terreno, Connoly cominciò a discenderla e prima dell'ultimo gradino disse:

"Un altro piccolo passo per un uomo, un altro balzo da gigante per l'umanità!"

Stavolta la gravità marziana non permetteva i salti incredibili di Armstrong ed Aldrin sulla luna, ma era comunque divertente spiccare qualche balzo, specialmente vista la fatica fatta di vivere a bassa gravità per parecchi mesi sulla Lindbergh durante l'avvicinamento.

"Rapporto operativo numero 723. Tutto come previsto, Houston! Procediamo con la bandiera!"

Connoly scavò un piccolo buco dove incuneò il basamento della bandiera. Pedrelli manovrava la telecamera. Lynch srotolò la bandiera stelle e strisce e la mise sull'asta. Stavolta il vento c'era e l'astina non serviva per rendere il momento più lirico. Infine la porse al suo comandante.

"Io, Colonnello Vernon Connoly, prendo possesso di questo pianeta nel nome degli Stati Uniti d'America!" Ed infilò con forza la bandiera nel basamento.

Solo che la bandiera non colpì il basamento ma l'asfalto. Connoly restò un attimo interdetto, guardò Pedretti che in realtà non lo stava più inquadrando ma si guardava attorno: dietro a lui, su un maxi schermo,  le stesse immagini che stava girando con un ritardo di 5 secondi.

Connoly era nel centro della piazza Piazza Rossa a Mosca semivuota con la bandiera americana in mano. Su un palco, sotto il maxi-schermo il presidente della confederazione russa lo stava guardando con gli occhi sgranati. Regnava un silenzio innaturale che durò alcuni secondi.

"Anche se è la Piazza Rossa come Marte, Connoly, spero che questo non significhi che avete preso possesso della Russia!" disse il presidente russo prima di scoppiare a ridere, seguito da tutti i suoi concittadini,  che si ripresero dallo shock con quella battuta.

"Houston! Qui Colonnello Connoly! Che succede?!?! TOM, CHE CAZZO SUCCEDE?!?!" Chiese Connoly fra il rabbioso e il terrorizzato.

"Qui Houston, Vernon! Col cazzo che ne so qualcosa!" Gli rispose il comando missione nel medesimo tono.
"Avete contatti con il Lindbergh? Marjia che dice?"
"Marija è qui davanti a me con tutto il resto dell'equipaggio! A parte un po' di mal da gravità stanno bene!"

"Come sarebbe a dire che Marjia è lì? E come cazzo ci è arrivata?" Sbraitò Connoly.

"Vernon, sei tu quello a Mosca e vieni a chiedere a me come LEI sia arrivata qui? Che risposta vuoi da me? Comunque come per te: è apparsa all'improvviso!"

Poi Tom Lugansk, il comandante di missione a Houston, chiese ai suoi sottoposti notizie del Lindbergh.

"E' ancora in orbita attorno a Marte, signore!" rispose uno dei suoi operatori.

"Riusciamo ad avere una telemetria dei sistemi sullo schermo centrale? Vediamo di capirci qualcosa!" Disse Lugansk.

"Signore..." lo interruppe il suo sottoposto "... rilevato intruso a bordo! Le telecamere interne sono state disattivate! Messaggio scritto in arrivo direttamente dalla master console del Lindbergh!"

Poi l'operatore fece una pausa. Si voltò verso Lugansk con espressione sbigottita:
"Signore..."
Lugansk ordinò:"Sullo schermo, tenente! Lo mandi sullo schermo!"

E sullo schermo principale apparvero le seguenti parole:

"Non rubare! Quante volte dovremo ripetervelo?"

lunedì 16 marzo 2015

Il writer

Il giovane si stava incamminando per le strade del centro: la serata era finita e si trovava in quel lasso di tempo in cui non c'è un'anima in strada.
Mentre tornava verso casa scelse delle strade secondarie del centro storico, veri e propri angiporti fra  case ristrutturate da poco. Sentiva solo il rumore dei suoi passi e quello dell'illuminazione.
Ad un tratto, girando un angolo, si trovò davanti una parete bianca tinteggiata di fresco.

La parete gli sembrò una gigantesca tela ancora intonsa: un insperato colpo di fortuna.

Si guardò attorno con circospezione cercando la presenza di altre persone e poi, rapidamente, estrasse dallo zaino una bomboletta di vernice spray.
Il ragazzo scrisse il tag della sua crew, ma poi, riguardandolo,  gli sembrò poca cosa: un'intera parete bianca e un così piccolo tag!
Avrebbe voluto rimangiarselo. Avrebbe voluto che, avvicinando ancora la bomboletta al muro, il flusso di ciò che aveva appena fatto avesse percorso il senso inverso per poi poterlo ripetere in forma migliore; ed incredibilmente la bomboletta cominciò a risucchiare via la vernice dal muro.

Era troppo stanco per chiedersi la meccanica di quello che stava accadendo, ma in pochi secondi la parete tornò ad essere completamente bianca.

"Un tramonto!" Pensò poi.

"Vorrei riprodurre qui il tramonto che ho appena visto! Quella luce! Quei colori!"

Ma aveva solo una bomboletta di vernice nera; una stupida bomboletta di vernice nera.

"Qui servirebbe l'arancione, per esempio!"
E ricominciò a premere sulla stupida bomboletta del nero. Ma stavolta, incredibilmente, cominciò a produrre un flusso di vernice arancione.

Sorrise in preda ad un'estasi artistica: quello che lui stava immaginando si stava materializzando su quella parete: sfumature di arancione! Riflessi dorati! Il mare che sembrava uno specchio argenteo quando non fosse dorato!

Ora dalla bomboletta uscivano mille colori, esattamente come li stava immaginando.

Era il capolavoro della sua vita! Era quasi una fotografia! Ci mise nuovamente il suo tag, ma meno vistoso stavolta.

Ad un tratto il pensiero che un altro writer senza talento avrebbe potuto scarabocchiarci sopra il suo di tag gli mise addosso una strana ansia e una piccola rabbia.

Fece un passo indietro; si sedette  e si mise a rimirare estasiato il suo capolavoro.

E proprio lì a terra lo trovarono i poliziotti della guardia cittadina di ronda.

Osservarono il ragazzo.
Osservarono il muro.
Poi uno dei due esclamò:
"Mio Dio! Guarda lì!" Indicando la parete.
"Guarda quegli schizzi di sangue! Doveva essere lontano non più di un metro quando gli hanno conficcato la picozza nella testa!"

"Stava 'disegnando': vedi... questo è il suo tag, l'ho già visto su altri muri. Non l'ha finito! Non ha fatto in tempo!" Disse il suo collega.

"Chiunque sia stato gli ha usato una violenza inaudita! Balordi? Drogati?"

"No, guarda la fattura della picozza: questa è roba da rocciatori! Te lo dico io, questi è un rocciatore residente in questa strada esasperato dall'ennesimo writer! Vedrai che troveranno facilmente il colpevole!"

 Poi si rivolse verso il cadavere:

"Morire per una scritta sul muro! Che sfiga! Ne valeva la pena, ragazzo?"
Poi corrugò lo sguardo: osservandolo meglio si accorse che stava sorridendo.

sabato 14 marzo 2015

La stampante 3D

La giornata era calda e soleggiata.

"Spero che il succo d'arancia sia di vostro gradimento!" disse la gentile hostess agli ospiti.

"E' Fantastico, signorina Aurora!" Rispose il membro più anziano dello sparuto gruppo.

"La ringrazio: l'aranceto da cui ci riforniamo è una coltivazione biologica della zona. Nonostante noi si sia una ditta all'avanguardia nel settore della tecnologia ciò non vuol dire che non ci si possa trattare bene sotto questo punto. Insomma, meglio il sapore di questo che uno squallido succo in tetrapak, no?" Aggiunse lei sorridendo.

"Assolutamente d'accordo!" Stavolta rispose il ben più giovane giornalista Flavio Fantoni.

La ragazza aveva fatto colpo: il Dottor Lorenzetti non potè non notarlo e abbozzò un sorriso divertito. Aurora, la loro ospite, come avesse colto quel suo pensiero gli restituì un sorriso di complicità.

"Finalmente! E' arrivato il direttore!" Aurora interruppe quel siparietto.

"Dottor Lorenzetti, che onore incontrarla!" Si produsse il nuovo arrivato in una vigorosa stretta di mano.
"Direttor' Lovisato! L'onore è mio!" Rispose Lorenzetti.
"Quello che promettete di fare in questa ditta è semplicemente stupendo! Rivoluzionario!"

"E piuttosto lucrativo!" aggiunse Silvio Lampreda, imprenditore rampante.

"Vi prego, chiamatemi Rosario!" Disse Lovisato, che contiunò dicendo:

"Troverete la visita alla nostra fabbrica interessante se voleste... se voleste..."

S'interruppe Lovisato per un colpo di tosse.

"Scusate, sono stato poco bene ultimamente. Conoscete un bravo medico?" e si rivolse verso Lorenzetti con un sorriso sardonico.

Scoppiarono tutti a ridere.

"Dicevo... se voleste seguirmi!"

Uscirono dagli uffici ed iniziarono il giro attraverso la fabbrica; una rapida occhiata ai vari settori con operai intenti ai più disparati lavori, finché giunsero in una zona più isolata.

"Qui dietro si cela quello che siete venuti a vedere: la stampante!"

Entrarono e si trovarono difronte ad una stampante 3D dalla foggia particolare: non un banale cubo di plastica dall'aspetto modaiolo, quanto un mini laboratorio nel quale confluivano da diversi tubi fluidi di varia densità che venivano prelevati in voluminose contenitori retrostanti.

"Ci siamo signori! Qui  produciamo pezzi di ricambio per il corpo umano!
Questa meravigliosa macchina può creare pezzi per sostituire un cuore malato, un polmone malandato, un dito mancante..."

Lorenzetti con gli occhi lucidi dall'emozione chiese: "e il problema del rigetto?"

"E' stata la prima delle nostre preoccupazioni: ci basta una minima traccia di D.N.A. del destinatario e possiamo costruire copia di un organo privo del problema."

"Pazzesco! Pazzesco! L'avete già testato?" incalzò Lorenzetti eccitato come un bambino in un negozio di giocattoli con la possibilità di comprare tutto.

"Lei conosce il dottor Tarafino?"

"Sì, certo! E'uno dei più stimati epatologi della zona."

"Beh, se la nostra Aurora è ancora insieme a noi oggi..."

Tutti si voltarono verso di lei con sguardo sorpreso.

Lei arrossì e disse:
"Devo letteralmente la vita a questa azienda!"

Tutti applaudirono.

"E quanto costa, quanto vi fate pagare?" Interruppe pragmaticamente Lampreda.


 "Per ora abbiamo ricevuto solo sovvenzioni statali, ma credo che il listino prezzi sia qualcosa che lasceremo decidere volentieri ai nostri finanziatori privati!" rispose Lovisato.

Stavolta a non nascondere la propria eccitazione fu il Lampreda.

Tutti discussero di possibilità di espansione, di vendite, di come la vita umana si sarebbe allungata negli anni avvenire. Tutto registrato da Fantoni, che nonostante tutto appariva distratto.
Mentre si accomiatavano infatti fece la sua mossa con Aurora:"Mi piacerebbe rivederti!"

Aurora arrossì, sorrise  e timidamente rispose: "Anche a me!"

"Ti va bene se passo venerdì a prenderti? Qui quando finisci?"

"Va bene! Passa qui venerdì per le 18.30!"

E stavolta a sorridere fu Flavio.

Le automobili con cui erano giunti ripartirono alla spicciolata e restarono solo Aurora e Rosario a fissarli andare via. Si fecero subitaneamente seri e Rosario disse:

"Quindi non se n'è accorto?"

"No! Direi che il test ha funzionato! Devo prendere il suo D.N.A. venerdì?" chiese algida Aurora.

"Affermativo! Ha un'ottima struttura fisica: ci servono più matrici possibili per variare la produzione in serie: ad ogni modo ho il sudore di Lorenzetti sulla mia mano... XK24!"

Un operaio accorse con una lancia termica, gli tranciò la mano e la portò immediatamente in laboratorio.

"Non c'era un metodo più indolore?" Chiese Aurora.

"Ricrescerà!" Rispose lui impassibile.

Poi rivolto ad un altro operaio disse.

"XK12  stampane immediatamente altri 1000 esemplari completi!"

lunedì 2 marzo 2015

Il netturbino

Se me lo chiedete, essere l'unico netturbino di Trieste non è un brutto lavoro; forse lo era una volta.

Mi aggiro per strade e stradine con l'unità di nettezza urbana tuttofare e quando ravviso sporcizia intervengo: do l'ordine appropriato di pulizia e l'unità esegue.

E'un piccolo mezzo a due posti, completamente elettrico ma tanto non deve immagazzinare immondizie ma solo spostarle: da quando era stata introdotta la raccolta al plasma tutto ciò che veniva gettato nel cassonetto veniva scomposto istantaneamente nei suoi componenti chimici; trasportato a quello che una volta era l'inceneritore; meticolosamente stoccato; rivenduto alle aziende chimiche.

Tutti ci guadagnavano: i cittadini erano esentati dal pagamento della tassa rifiuti (perché pagare un sistema che generava profitti?)

Certo capitava ancora che qualcuno abbandonasse spazzatura in giro,  che qualche "writer" si arrischiasse a scrivere qualcosa, qualche albero perdesse le foglie, specie in autunno.

Così capitò che inventarono l'unita di nettezza urbana tuttofare: riciclarono noi netturbini "da strada" e ci insegnarono ad usare questo gioiello.

Se qualcuno abbandonava un sacchetto o qualche lattina arrivavamo noi: comando "recupera" e le braccia meccaniche recuperavano il sacchetto buttandolo nel collettore al plasma più vicino.

"Writers"? Se qualcuno, nonostante le multe e il carcere, nonostante le telecamere di sorveglianza, trovava il modo di scrivere arrivavamo noi: comando "ripristina" e una serie di getti di sverniciatori e riverniciatori entrava in azione. Non si sarebbe potuto capire dove fosse stata la scritta prima. Riuscivamo anche a risarcire danni fisici alle strutture.

Per gli alberi, beh, quella è un'altra storia, ma in sostanza dove c'erano foglie morte: comando "compatta e recupera" e stessa sorte dell'immondizia.

Ma oramai siamo in un circolo virtuoso, per così dire: nessuno abbandona più nulla in strada e  nessun "writer" si prende il rischio di venire in città, sapendo che tutta la gloria durerebbe pochi minuti con moltissimo pericolo.

Mi accingo a scendere per via Tigor e da sopra via Ciamician mi si staglia dinanzi "l'aurora dalle dita rosee". Mica perché uno fa il netturbino vuol dire che non abbia una cultura: il lavoro mi lascia un sacco di tempo libero per continuare a studiare: il mezzo fa tutto da solo.

Ma stamattina mi va di guidare: disattivo il pilota automatico e scendo lungo via Tigor. Sono da solo in strada e la luce dell'alba rende i palazzi dai vari stili più splendidi del solito. Lo capisco bene l'unico business.

Sto rimirando una volta di più chiese e case ed è per questo che  in Piazza Hortis a momenti la investo: è ferma in mezzo alla strada ed è vestita di bianco.

Deve essersi spaventata anche lei perché ha lo sguardo sorpreso da quello che intuisco sotto la maschera antigas.

La indosso anch'io e scendo dal mezzo. Non sono bravo con le persone, men che meno con quelle di sesso femminile:

"Ciao! Tutto bene?" Le urlo.

Lei corruga lo sguardo. Non ha capito.

"English?" Le chiedo.

Stavolta la vedo sorridere, ma scuote la testa come dire no.

Ma resto sempre un italiano e quindi a gesti le faccio motto di entrare e lei, continuando a sorridere entra.

Una volta chiuse le portiere ci togliamo le maschere e lo noto solo adesso: è senza capelli e molto magra. Resta comunque una ragazza bellissima.

Ora leggo un velo di tristezza nel suo sorriso.

In un accento non intellegibile pronuncia: "Unità!"

"Ed Unità sia!" Rispondo io.

Anche facendo il giro largo, più panoramico possibile il viaggio dura pochi minuti per arrivare in Piazza Unità. Mi guarda con sguardo di gratitudine, le do un bacio fraterno sulla fronte.

Lei pronuncia qualcosa in una lingua che non capisco, ma dal tono dev'essere una domanda.
E'una richiesta. Fa cenno con la testa di uscire.
Capisco ed annuisco.
Ci mettiamo le maschere. Lei scende e guarda il mare, verso Barcola. Lo spettacolo è meraviglioso.
La città è un gioiello. Mi guarda e si toglie la maschera: per un istante la invidio, lei per un potrà godersi tutto coi suoi occhi senza nessuna vetrata ad ostacolo.

Poco alla volta l'aria malata di Trieste fa il suo compito: le toglie l'ossigeno e si addormenta, dolcemente, per sempre, nelle mie braccia.

Per quanto mi capiti spesso questo pietoso compito e di cadaveri dalle strade ne abbia rimossi parecchi negli anni addietro mi fa sempre un certo effetto, e la visiera della maschera mi si appanna.
Rientro sul mezzo e segnalo alla centrale operativa un codice "10C4" facile ed all'aperto.

Una volta ricevuta l'autorizzazione a procedere imposto il comando "tumula", che è oscenamente simile a "compatta e recupera". Di lei sparisce ogni traccia in pochi istanti.

L'unico business: "Trieste: la città nell'ambra". L'oramai disabitata Trieste deve tornare incontaminata dai segni della presenza umana per i turisti che la scruteranno dai loro comodi autobus panoramici in atmosfera protetta, per gli storici e per turisti avventurosi in maschera antigas che ne studieranno l'architettura e per quelli che chiamiamo "fantasmi", che vengono qui a riempirsi gli occhi di bellezza un'ultima volta.

Vivere qui oramai è impossibile, non ci venite: un errore nel chiudere la tuta, il filtro della maschera esaurito e verrò a prendervi per un "10C4". In quel caso fatemi il favore di farvi trovare in strada.