martedì 22 settembre 2015

Più veloce della luce

Il mio nome è Ettore Pasetti, vice-direttore del progetto "Tachyon Array" dell'università di Roma.

Oggi è il giorno 06/08/2745 e voglio pubblicare al mondo la lettera scritta stamattina dal mio esimio collega, il Prof. Dott. Lorusso Francesco, con l'obbligo di condividerle con tutti i mondi.


Io sono sempre stato allergico alle limitazioni: "non si può viaggiare più veloce della luce" diceva Albert Einstein. Certo,  possiamo da qualche secolo aggirare il problema coi motori FTL, ma è  una forzatura: piegano con delle singolarità quantiche lo spaziotempo attorno a loro e ci fanno passare gli oggetti attraverso, ma non superano fisicamente velocità della luce. Tecnicamente barano.

Sono parecchi anni che lavoro  a questo progetto, il Tachyon Array. L'idea è banale: scomporre un oggetto in particelle subatomiche prive di massa reale chiamate tachioni, particella solo teorizzata da altri fisici ma di cui io per primo sono riuscito a provare l'esistenza in un esperimento che mi è valso il Nobel cinque anni fa. Se ci riuscirò potremo viaggiare nell'universo senza bisogno di navi.

Oramai è questione di minuti: presto una serie di impulsi scomponenti partirà dal tubo collettore che mi punterò addosso. Sono stanco di scomporre e ricomporre orologi al cesio per verificare l'effettiva capacità di arrivare prima di quanto Einstein abbia detto sia possibile; stufo di piante; stufo di animali, cavie, che tornano in perfetta salute. Voglio sapere in prima persona che cosa si prova a superare la luce, voglio che sia un essere con intelletto a farlo, uno che meriti questo onore.

Dappertutto telegiornali, università,  uomini della strada parlano del mio esperimento. Sento l'interesse di tutti i mondi abitati dall'uomo concentrarsi su di me e sul mio lavoro ed io sono pronto ad accettare questo interesse violando il limite fisico scritto sulla pietra della fisica.

In questo momento ho comunque lasciato le mie disposizioni testamentarie al mio legale di fiducia, mi auguro di non averne bisogno ma dovessi io fallire sarei solo una delle molte mattonelle che ha permesso al genere umano l'edificazione della sua evoluzione: un caduto necessario per il bene dei molti.

Ogni dettaglio è stato studiato, analizzato più e più volte, il rischio è minimo, anche se qualche teologo prova a dire che un essere umano ha una complessità ben superiore a quella degli animali: una parte immortale e divina che è chiama anima e che forse non può venire scomposta dal mio raggio, come se ci fosse un campo invisibile a garantirne l'integrità e che io stia rischiando la mia stessa anima.

Tempo qualche ora e avremo la risposta. E' consolatorio sapere che se mi sbaglio non soffrirò perché non dovrei accorgermi di nulla. Ma magari ha ragione lui e accelerando "infinitamente" mi troverò al cospetto di qualche dio. Ma forse dovrei essere più serio nello scrivere.

E tuttavia parte della mia formazione mi fa temere che forse i teologi abbiano ragione: nei secoli abbiamo fatto scelte discutibili anche noi scienziati: Marie Curie ne è morta per aver sottovalutato le forze che stava scoprendo, ma è nel mito. Qualcuno temeva che la prima super-accelerazione avrebbe generato buchi neri o lesioni della realtà. Nulla di questo è successo e non succederà a me, me ne devo convincere.

"Luogo a procedere".L'ordine è arrivato. L'università mi ha dato il via libera in questo istante. La mia curiosità sta per venire esaudita.

Addio.

E'quindi col cuore gonfio di dolore che vi comunico la scomparsa del mio capo, amico e mentore dovuta alla sua mancata ri-materializzazione a seguito dell'esperimento. Spero non abbia sofferto come si augurava. Possa la lettura di questo scritto donarvi il conforto che ha donato a me.

P.S. Stamattina ho riletto il messaggio leggendo solo la prima parola di ogni paragrafo.

venerdì 26 giugno 2015

Fanta Fanta Basket 2015

Riferendomi a questo post  questa sera va in scena gara 7 del campionato di basket italiano di A1.
Si assegna lo scudetto. A gara 7. Perché noi non ci facciamo sicuro mancare il pathos.
Ho pensato: "Sassari e Reggio Emilia...che figata...e chi se l'aspettava?" e sono corso a riguardare se me l'aspettavo davvero: ed infatti dimostro di avere più fortuna che giudizio, le ho citate entrambe.
A chiunque vinca stasera, congratulazioni... sai di essertelo proprio meritato.

venerdì 17 aprile 2015

Traduttore universale


Il filologo, il filosofo e l'informatico stavano bevendo in un pub.

Il filosofo disse:"Se tutte le popolazioni del mondo si comprendessero istantaneamente, senza la barriera della lingua il mondo sarebbe un posto migliore!"

Il filologo rispose:"Credimi, al traduttore simultaneo automatico ci stanno lavorando in molti, ma quello che manca è la capacità di rendere le mille sfumature di una lingua. Il concetto del 'Lost in translation'!"

"E allora non perdiamo niente!" Disse l'informatico.

"In che senso?" Chiesero gli altri due.

"Se noi potessimo mettere un numero ad ogni concetto che esprimiamo, lo catalogassimo diligentemente dopo un po'i concetti che si possono esprimere terminerebbero e noi saremmo sempre in grado di tradurre da numero a lingua parlata senza paura di perdere sfumature!"

"Spiegati meglio!" Chiese il filologo.

"Diciamo che 'amore' è una parola con mille sfumature. Associamo 1 ad 'amore romantico', 2 ad 'amore fraterno', 3 'amore materno' e così via. Se una lingua esprime il concetto con una parola bene, altrimenti si esplica la cosa con un giro di parole! Nessuna sfumatura verrebbe mai persa!"
Il filosofo a quel punto sentenziò: "Ma così ci vorrà una quantità di dati da immagazzinare immane!"
L'informatico disse: "Lasciate che questo sia un mio problema! Voi occupatevi di numerizzare ogni concetto!"


Forse erano stati l'eccessivo alcool e l'altrettanto eccessivo entusiasmo dell'informatico ma il filologo cominciò a lavorarci.Non si resero conto di quello che avevano creato: le basi del traduttore universale.

Sì, perché una volta che il sistema conosceva ed immagazzinava il concetto questo poteva essere ritradotto in qualsiasi lingua: bastava che vi fosse uno che per primo compisse la traduzione da lingua a numero ed il gioco era fatto per le successive traduzioni. Una sorta di coscienza collettiva che collaborava allo scopo.

All'inizio fu solo un computer, poi un cluster e via via sempre più macchine si unirono in questo sistema: nuovi metodi di trasmissione dei dati lo resero sempre più performante e preciso nelle traduzioni.

Nacque negli anni una vera e propria casta di neoscribi, traduttori da concetto numerico a lingua e viceversa che controllavano la correttezza delle traduzioni.
Il sistema crebbe, crebbe a dismisura, finché la razza umana, ormai sdoganata dal limite della Terra si librò nei cieli ed entrò in contatto con altre forme di vita.

Forme di vita che comunicavano in maniere dapprima a loro ignote, differenti, ma i quali concetti potevano ancora una volta essere sia numerizzati che catalogate: le nuove forme di vita si unirono alla casta dei neoscribi arricchendo il sistema di concetti universale.

Crebbe talmente tanto di grandezza che gli esseri umani decisero di trasferirlo sulla superficie di Giove: i neoscribi continuarono ad esercitare il controllo sul sistema dal tempio eretto sul satellite di Giove chiamato Europa.

I neoscribi si dividevano in tre sotto-caste: I molti fratelli informatici, i molti fratelli filologi e i pochi fratelli filosofi.

I primi erano i tecnici; preposti alla buona salute del sistema, alla sostituzione dei macchinari quando obsoleti o malfunzionanti e al mantenimento delle comunicazioni universali.

I fratelli filologi erano il vero cuore del sistema: modificavano errate associazioni fra numero e concetto e vagliavano le traduzioni più difficili: a volte per la correttezza di un singolo termine in traduzione si isolavano in consiglio per ore con i rappresentanti delle razze ma mai si sbagliavano grazie all'esperienza di secoli.

Per esempio il termine "respirare" comune a tutte le lingue umane fu piuttosto difficile da spiegare ai muklats del pianeta che per i terrestri è Argalis VI ("Mrhrlllkkkllakkssshhhmr*ed alcuni suoni a frequenze non udibili dagli esseri umani*" nella loro lingua) ma il neoscriba dei murklats che vive ospite su Europa nella sua cella magmatica a 3000°K riuscì a infine a tradurlo come "Gggggrrrhhaaaimmmmnnnn" ovvero 'lo sbuffo che esce dal magma che segnala la presenza di vita'.

I Filosofi infine supervisionavano il tutto ed avevano l'ultima parola nei casi più spinosi.

 I neoscribi restarono una casta al di fuori di tutte le politiche universali: non li toccarono mai guerre né faide: troppo importante era il loro lavoro per garantire l'armonico funzionamento dell'universo.

Ultimamente però il primo fratello filologo, Agadon del popolo dei grim di Arkadia III (fortunatamente bipedi e simili ai terrestri) riceveva parecchie segnalazioni di traduzioni fallaci: la "preghiera tarmilliana del risveglio" presentava alcune errate traduzioni (che loro ormai chiamavano macchie).

Era piuttosto strano: i tarmilliani erano stati fra i primi popoli contattati dai terrestri e proprio la correttezza delle traduzioni tarmilliano / terrestre unificato aveva contribuito alla diffusione e alla fiducia nel sistema presso tutte le razze dell'universo.

Il perché? Beh diciamo che i tarmilliani, al contrario dei grim, erano un popolo che viveva in forma gassosa.
Fu uno dei più brillanti primi filologi della storia, padre Oleg Mc Mahon, ad accorgersi che vi era uno schema nei lampi delle nebbie di Tarmillia e provò a farle analizzare al traduttore universale.

Dopo qualche giorno le nebbie cominciarono a comunicare con gli umani con concetti molto semplici*.
Il resto, come si suol dire, è storia: un tarmilliano fu invitato a unirsi ai neoscribi e vista la loro estrema longevità era ancora lui a vivere su Europa in forma gassosa: siccome il suo nome non avrebbe avuto senso per noi tutti cominciarono a chiamarlo Tar.

Fu Tar a chiamare Agadon con un tono irritato (perché 'chiamo Agadon in tono irritato' era comunque un concetto diverso da 'chiamo Agadon in tono neutrale').
"E'inmmissibile!" Lampeggiò irritato Tar.

"La pregiera tarmilliana del risveglio" è uno dei più sopraffini esempi di poesia devozionale dell'universo. Milioni di richieste di traduzione vengono inviate ogni giorno su quel particolare componimento e noi neoscribi non possiamo fornirne un'errata traduzione!"

"Ti prego di calmarti, fratello (che per un tarmilliano suona più come 'ti prego di rallentare la tua attività cinetica') stiamo cercando di capire che succede!"

"E' il finale che lascia perplessi tutti: ti prego, o mio Daxxosso, concedimi un fluire profondo. E' una traduzione che non ha senso!"

Agadon aveva più volte letto la preghiera e si ricordava che la traduzione riconosciuta universalmente come corretta era "ti prego, o mio Dio, concedimi un fluire profondo"

Un po'perplesso chiese al primo ingegnere XUX una diagnostica su questo termine, per scoprire se ci fossero delle macchie nel codice.

"Non serve!"
Lo interruppe arrivando in mezzo a loro il primo filosofo, Padre Muhammad:
"Credo di aver trovato io il guasto stamattina, fratello Agadon!"

"Come hai fatto così presto?" Chiese in tono sorpreso Agadon.

"Con l'aiuto di Daxxosso!"  rispose Muhammad.

Agadon sgrano i suoi quattro occhi: il traduttore segnalò la sua perplessità a Muhammad.

"Intendo, è Daxxosso il concetto che ci sta dando problemi!"

"Me ne sono accorto!" Rispose stavolta Agadon stizzito.

"Ho già cercato 'Daxxosso' da solo e ti posso dire che è un termine degli arakiani che conosciamo da circa cinque secoli: è uno dei tanti appellativi di Daxosso! Diamine, è fastidioso farsi capire con la macchia di oggi!
Insomma Daxxosso significa 'colui che conosce tutti i concetti dell'universo'
Fino a ieri Daxxosso era una corretta traduzione di... "
scorse il suo pad di controllo e finalmente riuscì a fargli emettere il termine 'Dio' nella lingua di Agadon.

Poi proseguì: "Ma sembra che da stamattina non sia più così!"

Agadon restò un istante perplesso. Poi la voce titubante del primo ingegnere XUX lo ridestò:

"Fratello Agadon. Ho scoperto un cambiamento nel concetto: Daxxosso! Fino a ieri la definizione era 'colui che conosce tutti i concetti dell'universo' ma da stamattina, ora di Giove 03:52 il concetto è stato modificato!"

"Aha! Ecco la causa della macchia! Da chi? Che fratello ha osato manomettere un concetto senza passare al vaglio dei confratelli?" sbraitò Agadon.

"Sulla matricola di cambiamento c'è scritto "Daxxosso". Forse ti interesserà sapere come suona oggi il termine dopo la modifica:'colui che conosce tutti i concetti dell'universo fisicamente localizzato sulla superficie del Pianeta Giove'.

"Oh mio Dexxosso! E'diventato autocosciente!" Esclamò Agadon.

Padre Muhammad, sorridendo, alzò gli occhi verso Giove e disse: "Sorridete fratelli! Daxxosso ci guarda!"

"E'piuttosto inquietante la cosa!" Disse Agadon.

"Già, non era programmato per farlo!" Aggiunse NUX.

"Sono trascorsi molti cicli vitali in cui la nostra casta ha vissuto onorando il sistema come fosse una divinità.
Lo abbiamo accudito. Lo abbiamo potenziato. Gli abbiamo fornito una conoscenza enorme.
Programmato o no per farlo forse era solo questione di tempo prima prima che succedesse.
Forse è il premio di un lavoro di fede e ricerca durato generazioni.
Io non so questo punto non so cosa manchi a Dio prima di..."

Tutti avevano sentito chiaramente. L'atmosfera si fece tesa e Muhammad si interruppe nella sua digressione.

Agadon prese la parola per primo:"Faccio una prova! Noi siamo i neoscribi. Noi serviamo Dio!"

NUX fece transitare gli elettroni da un nucleo del suo cervello esterno a quello interno, cosa che veniva tradotta da un essere umano come un fremito di paura, poi disse:
"Io sono NUX. Io sono il primo ingegnere. Io aiuto al corretto mantenimento di Dio!"

Muhammad, sgranando umanamente gli occhi, disse:"questo significa che da qualche istante si ritiene anche..."

Ed ecco che improvvisamente su Europa calò improvvisamente la notte, poi venne ancora il giorno, poi ancora la notte e il giorno ancora. Tutto nell'arco di pochi spaventosi secondi.

A quel punto tutti gli esseri  dell'universo udirono in ogni forma di comunicazione possibile e simultaneamente il concludersi della frase di Padre Muhammad:

"... ONNIPOTENTE!"



*Il primo concetto che il traduttore interpretò fu 'solido sei posizionato sui miei genitali'

mercoledì 8 aprile 2015

Il magazzino

Era una mattina calda per essere settembre e Flavio aveva ancora delle incombenze di cui occuparsi.
Sospirò pensando alla giornata che aveva davanti.
Trasalì quando udì una voce sconosciuta nella stanza.

"12 settembre 2064, ore 7:53. 12 secondi! Stampo l'etichetta!"

Un pallido ometto dalla pelle grigia si stagliava difronte a lui: baffi anacronistici, occhiali appoggiati su un piccolo naso, vestito di un abito scuro marrone ed in mano una stampatrice di etichette.
Questi alzò lo sguardo dall'etichettatrice e si accorse di essere osservato:
"Oh! Puoi vedermi! Buongiorno, sono Khumu, il catalogatore!"

"Che ci fa in casa mia? Lei chi è? Guardi che chiamo la polizia!" Urlò fra lo spaventato e l'infuriato.

"Calmati, ti prego! Lascia che ti spieghi. Come detto sono Khumu..."

"...il catalogatore, l'ha già detto!" rispose aggressivo Flavio.

"Ottimo, nonostante l'ètà sei ancora sveglio! Seguimi!"

E Khumu s'incamminò verso la porta di una stanza di casa sua che lui non aveva mai visto prima.
A quel punto la rabbia di Flavio si tramutò in stupore:"Una stanza in casa mia che non conosco? E'casa mia!"

Il nuovo arrivato rispose sardonico: "Tuo. Mio. Concetti piuttosto relativi, credimi! Entra dai!"

Aldilà della porta giaceva un gigantesco e silenzioso magazzino fiocamente illuminato.
Era di un'apparente sconfinata lunghezza e si dispiegava davanti a loro: a destra ed a sinistra su alti scaffali d'acciaio che arrivavano fino al soffitto pile di scatoloni di colore marrone, tutti etichettati diligentemente catalogati ed ordinati per anno, mese, giorno, ora e tutti con la scritta "Flavio" in bella evidenza.

Khumu si mise davanti a lui: "Seguimi! Questa è una cosa che non faccio spesso!"
Flavio si sentiva stranamente calmo, per quanto assurdo gli sembrasse il tutto.

"Ma Khumu, cosa c'è in questi scatoloni?"
"Aprine uno e controlla da te!"

Tirò fuori lo scatolone marrone più vicino a lui. 'Flavio 2043, gennaio, sedici, ore 17:33' e nello scatolone trovò una lunghissima fila di etichette. Ne tirò una ed improvvisamente gli apparve davanti l'immagine di lui in automobile, fermo al semaforo in una giornata di pioggia.

Si voltò verso Khumu. con sguardo interrogativo.

"Tirane un' altra!" Lo esortò il catalogatore.

Tirò l'etichetta vicina ed apparve un' immagine molto simile: qualche dettaglio variava ma era sempre lui, sempre fermo allo stesso semaforo; sempre in automobile; sempre la stessa pioggia.

"Ti prego di rimetterle a posto ora, Flavio, dobbiamo continuare: la strada è lunga!"

Ed incamminandosi verso il fondo della stanza continuò:

"In questi scatoloni sono racchiusi tutti i tuoi respiri!
Pazientemente raccolti, etichettati e catalogati dal sottoscritto!
Qualcuno pensa che siano i battiti del cuore a fare la somma della vita, altri più pragmaticamente le onde cerebrali ma la verità è che a fare la vostra vita..." e si voltò a guardarlo "...sono i respiri!"

Poi continuò:
"In questi scatoloni, di colore marrone, sono racchiusi i respiri alla quale tu non hai dato importanza: una fila in banca, un pranzo poco importante, un film noioso...."

Flavio guardò gli scatoloni e Khumu come se potesse leggergli nella mente disse:
"Eh sì! Sono tanti, vero? Perlopiù tutti gli esseri umani hanno una collezione di scatoloni marrone voluminosa, ma ora siamo arrivati dove volevo!"

Al termine della collezione di scatoloni ve ne erano due: uno di colore nero, uno di colore verde.
Senza bisogno di fare domande Khumu esordì indicando quello nero:

"Se vuoi favorire..."

Flavio aprì lo scatolone titubante e tirò febbrilmente la prima etichetta, quella che recava la sua data di nascita.
Vide quello che doveva essere stato il suo ostetrico che lo percuoteva e assistette al suo primo vagito.

Si voltò verso Khumu. Questo sorrise e disse:

"Prego prego! E'tutta roba tua!"

Quest'altra etichetta aveva una data curiosa: 12 novembre 1985 ore 7.56.

Tirò la linguetta e rivide il momento stesso in cui scoprì di essere allergico alle nocciole: aveva appena morso la merendina di un compagno di scuola, una di quelle che sua mamma non gli aveva mai comprato e improvvisamente non riuscì a respirare. Stava soffrendo, soffocando, spaventato.

"Questi, Flavio, sono i tuoi respiri peggiori, o le volte in cui proprio non hai respirato, come qui, quando diagnosticarono il cancro a tua madre o qui quando tuo figlio non tornò a casa dopo il sabato sera  e ti si presentarono i carabinieri alla tua porta la mattina dopo!"

E poi Khumu gli tolse lo scatolone di mano e lo rispinse sullo scaffale.

"Quello verde?"

Khumu sorrise ancora, prese personalmente quello verde e glielo porse:
"Reggilo, mi serve una mano!
Il verde è il tuo colore preferito e quindi questi sono ovviamente i tuoi respiri migliori!
Qui è dove ti hanno rianimato dopo lo shock anafilattico!
Qui è dove hai smesso di respirare incontrando la madre dei tuoi figli!
Qui è dove i carabinieri ti hanno comunicato che tuo figlio era vivo ed aveva avuto un piccolo incidente con la macchina!
Ma questo mi piace un sacco:
'21 settembre 2006, ore 15:23'. Il tuo primo giro in moto da solo in un bosco dopo una pioggia: aprilo!"

Entrambi assistettero ad uno scenario incredibile: la luce del tramonto filtrava attraverso gli alberi umidi. La velocità bassa. La libertà. Flavio si era preso un respiro profondissimo.

"Questo, se non lo sai, è il tuo respiro di felicità più lungo! Oh ne hai avuti altri più felici,  ma comunque più brevi tipo..." sorrise e tirò un'altra etichetta "...tipo QUESTO!"

"Ehi! Ehi!" urlò Flavio "Queste sono cose private!" Aggiunse fra l'offeso e il divertito.

"Mio. Tuo. L'ho già detto, no?"

Flavio si fece serio:
"Khumu, dimmi, perché mi mostri tutto questo?"

"Dovevo raggiungere la scatola verde: '12 settembre 2064, ore 7:53' Quello del dodicesimo secondo è  stato il tuo ultimo respiro!"

"Oh..." disse Flavio deluso.

"E sarebbe un buon ricordo?"

Khumu rispose ancora con un sorriso:
"Lo è sempre!"

giovedì 2 aprile 2015

lunedì 30 marzo 2015

L'offerta


I figli di Ugo stavano facendo il solito baccano.
Mai una volta che ubbidissero subito al papà.
Inutili i suoi richiami all'ordine, nonostante la sua espressione accigliata: i suoi due figli maschi se ne stavano amabilmente fregando.
Chiamatelo anelito di libertà o semplice "sindrome da bimbo pestifero", ma oggi toccava a lui sorvegliarli al parco giochi.
Una brutta settimana sul lavoro, bambini indisciplinati: tutto l'aveva stancato parecchio e in quel preciso istante era al limite dell'umana sopportazione; si sentiva in trappola, bloccato su un binario morto. Fu colto da una rabbia ed un'ansia inesplicabili simultaneamente.

"Salve!" udì salutare da dietro.

Ruotò la testa per vedere chi parlasse: un signore dall'aria distinta suo coetaneo si avvicinò.

"Posso sedermi anch'io?"
"E' una panchina pubblica..." Rispose Ugo titubante.
"Vede... La stavo osservando!" Riprese lo sconosciuto.
 "Vedo nel suo sguardo un uomo che vorrebbe un premio speciale per una vita integerrima: colga l'occasione! Se lo merita!"

"Lei chi è?" Chiese ovviamente Ugo.
"Suvvia, non mi sembra una domanda da fare adesso. Accetta il mio aiuto?"

"E come mi aiuterebbe?" rispose incuriosito.

"Vedo per lei in questo preciso momento una vita priva di felicità: non è dove vuole stare: si sente bloccato, senza prospettive, depresso. Si vede, lo sa?"

Lui sorrise e chiese sarcasticamente: "Ah, davvero?"

"Io le offro un'intera giornata di felicità per intervallare questa infelicità. Chieda quello che vuole: io lo esaudirò!"

Sempre sorridendo:"Ed in cambio, immagino, vorrebbe la mia anima, giusto?"

Stavolta a ridere fu lo sconosciuto: "Ma no, ma no! Lo faccio senza secondi fini! Glielo sto offrendo a gratis! Accetta?"

"Un giorno di felicità? Senza fregature?" borbottò.

"Senza fregature!" Gli rispose l'altro.

"E se non accettassi?"

"Nulla cambierebbe rispetto ad ora!" disse con una certa circospezione.

Ugo guardò i bambini. Guardò l'ora sul campanile della chiesa.

Sorrise e disse: "E'stato un piacere! Arrivederci! Anzi, Addio!"

Lo sconosciuto si alzò, ricambiò il sorriso e disse:

"Addio? Arrivederci semmai!" e se ne andò.

Ugo restò perplessamente assorto per alcuni istanti, poi fu ridestato dal suo torpore.

"Ciao! Chi era quel signore, tesoro?" Lo incalzò la moglie appena giunta sul posto.

"Uno che voleva offrirmi l'esatto contrario di quello che ho adesso!"

La moglie sorrise, l'abbracciò e gli disse:

"A volte parli strano, sai?" Poi si voltò verso i figli e con un perentorio urlo li richiamò all'ordine.

"Veramente: ma chi era?" Insistette lei.

"Sai che non l'ho ancora capito?" disse Ugo mentre i bimbi correvano ad abbracciarli.